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Il Corriere della Sera, 28 marzo 2016

di Guido Olimpo

Un nuovo modus operandi, numeri e mobilità diverse, basi in territori non troppo lontani dall’Europa. Le strategie dei terroristi sono cambiate. Ma i due gruppi, oggi profondamente rivali, hanno diversi punti di contatto

 Il nuovo terrorismo è il vecchio terrorismo. Ha cambiato il modus operandi, è cresciuto in numeri e mobilità, ha le base in territori non troppo lontani dall’Europa - Siria, Iraq, Libia - ma molti aspetti non sono diversi dal passato. L’arresto in Francia di Abderrahamane Ameroud, sospettato di preparare un attentato, ci riporta indietro alla vigilia dell’assalto all’America, nel 2001: il suo nome era emerso nelle indagini per l’omicidio del comandante Massoud, il capo dell’Alleanza del Nord, il movimento anti-talebano. Fu ucciso da due terroristi tunisini con forti legami in Belgio. Un caso che si innesta in altri evidenziando come al Qaeda e Isis, oggi profondamente rivali, abbiano molti punti di contatto.

Belgio/Francia

I militanti islamisti sono attivi in questi due paesi dagli anni ‘90. Prima come parte del movimento jihadista algerino-marocchino, quindi sotto la bandiera di Osama. Sono partiti per l’Afghanistan e altri fronti di Jihad, hanno costruito cellule, hanno agito all’interno e all’estero, hanno avuto rapporti con complici in tutta Europa, Italia compresa. Bruxelles e altre località belghe hanno ospitato personaggi rappresentativi. Vent’anni fa mandavano uomini a Kandahar o finanziavano il Gia nel deserto, ora appartengono all’Isis. Non hanno mai rinunciato all’ideologia islamista. L’eliminazione di Bin Laden li ha costretti ad una pausa, poi una parte di loro ha ritrovato motivazione con al Baghdadi.

I protagonisti

Se andate a guardare all’origine di molti attacchi spuntano figure non certo dell’ultima ora. «Lavoravano» da tempo nella nebulosa integralista, ben prima della proclamazione del Califfato. Alcuni gravitavano nel qaedismo o comunque in forme di radicalismo non ancora targate Stato Islamico. C’è stato un passaggio temporale e geografico. Anni 90-2001: Bosnia-Afghanistan-Cecenia. 2003-2013: Iraq, al Zarkawi e la branca locale di al Qaeda. 2013-2016: Iraq-Siria e la deriva dell’Isis. È come se ci fosse stata una transizione e un cambio di marchio, non sempre netto. Ricordate che gli autori della strage di Charlie Hebdo, i fratelli Kaouchi e Amedy Coulibaly, non sono molto lontani dal movimento fondato da Osama. Un esperto, Hassan Hassan, ha osservato sull’attuale fase dell’Isis: 1) Gli attentati in Occidente sono la prova della sua maturazione. 2) Vuole essere più presente sulla scena internazionale a prescindere da quello che accade a Raqqa o Mosul. Dunque le sconfitte sul campo non hanno alcuna incidenza sulle mosse all’esterno. 3) Manovra per portare dalla sua gli elementi qaedisti in quanto ha bisogno dell’expertise e intende rafforzare il messaggio globale.

Gli ex criminali

Molti degli attentatori di Parigi e Bruxelles vengono dalla criminalità comune, alcuni di loro hanno scoperto la Jihad in carcere. Nulla di inedito: dagli anni ‘90 in poi è il tratto distintivo degli uomini coinvolti in attacchi, individuali o di gruppo. Le prime bombe nel metrò le mette un gruppo dove spicca il nome di Khaled Kelkal, piccoli precedenti grandi ambizioni. La famigerata banda di Roubaix, multinazionale, riassume gangsterismo e islamismo. Come i fratelli Brakhaoui, i kamikaze di Bruxelles, usano armi d’assalto e si dedicano alle rapine. La violenza politica diventa una forma di riscatto, l’attività illegale fornisce denaro per la lotta armata.

Le cellule

Oggi sono composte da amici, fratelli, cugini vicini o alla lontana. Era così anche prima, perché gli operativi di al Qaeda incoraggiavano questo modello a prova di infiltrazione. Non c’erano forse due coppie di fratelli - gli al Shehri e gli al Hamzi - nel commando dell’11 settembre? E gli esempi potrebbero continuare. Molte indagini in Europa hanno evidenziato questo tipo di vincolo. Lo Stato Islamico ha proseguito con una doppia chiave: serve a cementare il nucleo, è utile per reclutare, con il più «anziano» che coinvolge il più giovane.

Gli attacchi

L’Isis li ha resi «spettacolari», favorisce le incursioni coordinate nei centri abitati occidentali, prevede quasi sempre il ricorso ad attentatori suicidi. Tecniche impiegate da fazioni affiliate ad al Qaeda in Oriente - Pakistan, Mumbai - o in Africa - gli Shebaab in Kenya - mentre in Europa gli uomini di Bin Laden hanno privilegiato gli ordigni contro i trasporti, da Madrid a Londra. L’esplosivo era ed è la «Madre di Satana». Le prime formule sono state fatte girare dagli artificieri di Osama, poi i suoi affiliati le hanno trasformate in trappole letali. Se andiamo ancora più indietro nel tempo troviamo operazioni ben più sofisticate. Fedayn palestinesi hanno attaccato gli aeroporti - come a Bruxelles -, stessa cosa hanno fatto i killer dell’Armata Rossa giapponese. Quelli del Fronte popolare di Haddad hanno dirottato tre jet passeggeri e li hanno poi fatti saltare per aria sulla pista di Zarka, in Giordania. Giovani attentatori hanno lanciato bombe a mano e sparato nelle vie di Roma o di Parigi, aperto il fuoco su locali pubblici e sinagoghe. Maghi delle bombe hanno distrutto aerei in volo, non una ma più volte. E con una cadenza impressionante, un elenco dove c’è spazio per il sangue versato dagli estremisti sciiti e dall’Hezbollah, tanto per non dimenticare che cosa hanno fatto. Sembra oggi, invece era ieri.