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Libero, 1 marzo 2016

di Giampaolo Pansa

Matteo Renzi non sa chi si è portato in casa. C’è una discussione bizantina se il gruppo di Denis Verdini appartenga o meno alla maggioranza che sostiene il governo presidenziale guidato dal Monarca fiorentino. Ma è una questione che non mi appassiona. Il Bestiario si limita a osservare che Verdini & C. sono il salvagente di Palazzo Chigi, però non si spinge oltre perché trova molto più interessante il corteo dei verdiniani. Un collettivo che non attira come meriterebbe l’interesse dei media. Soprattutto per la presenza di un personaggio come il senatore Lucio Barani, capogruppo a Palazzo Madama, ma prima ancora spirito bizzarro. Destinato a brillare nel grigiore del nostro Parlamento.

Per cominciare è un medico di 63 anni, nato ad Aulla, terra di confine tra Liguria, Emilia e Toscana. Dunque è un mezzosangue e come molti frontalieri si è rivelato presto un tipo capace di sorprendere qualunque platea. Socialista di ferro e craxiano d’acciaio, quando diventò sindaco di Aulla, e ci rimase per quindici anni dal 1990 al 2004, pensò di accogliere in modo insolito chi si trovava a passare nel territorio che amministrava.

Fece installare agli ingressi della città dei cartelli stradali di benvenuto, dove spiccavano citazioni di Socrate e Platone. Non contento della trovata, ne affisse un altro che dichiarava il comune «Dedipietrizzato». Ossia una comunità dove l’influenza del procuratore della Repubblica, Antonio Di Pietro, era uguale a zero. Perché questa rivelazione? Perché Barani giudicava Tonino, pubblico ministero di Tangentopoli, il persecutore più bieco del leader del Psi, Bettino Craxi, e di tanti compagni socialisti.

Affinché i cartelli non venissero ignorati dai viaggiatori di passaggio, Barani li posizionò accanto ad altri sempre ideati da lui. Vietavano la prostituzione all’aria aperta e il lancio di sassi dal cavalcavia sull’autostrada della Cisa che da Parma conduce alla Spezia. Nessuno sa che esito ebbero. Sulle ragazze di vita che mettevano in mostra le loro bellezze il risultato fu uguale a zero. Ma per il lancio dei sassi certamente servirono. Poiché ad Aulla non si registrarono le tragedie che avevano insanguinato altre arterie importanti.

Barani, tuttavia, non era soltanto un sindaco dal divieto facile. Nessun primo cittadino di Aulla aveva mai messo in mostra una fantasia tanto sorprendente. Arrivò a proporre il comune come sede dei Giochi olimpici. E nel 1998 decise di aprire in municipio un Ufficio contro il malocchio. Era forse superstizioso il socialista Barani? O aveva alle costole qualche dissidente che, in seguito, il premier Renzi avrebbe bollato come un gufo menagramo? Ai posteri l’ardua sentenza.

Ma nella biografia del senatore Barani esiste ben altro. È la sua passione per Craxi. Testimoniata anche dal garofano rosso che continua a portare all’occhiello. Persino nell’aula di Palazzo Madama, una bolgia di qualunquisti senza fede né bandiera. Nel 1999 fece approvare dal Comune la cittadinanza onoraria al compagno Bettino, insieme a quelle per Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani. Uno stratagemma in grado di riesumare il Caf di un tempo. Gli costò una breve sospensione dalla carica di sindaco, decisa dal prefetto di Massa Carrara. Motivo? Aver concesso la cittadinanza onoraria a un ricercato dalla giustizia italiana.

Barani fece spallucce. E il 24 ottobre 1999, con una delegazione del consiglio comunale, si recò ad Hammamet, in Tunisia, per consegnare la cittadinanza all’ex segretario del Psi. Bettino, che si era autoconfinato nella sua villa sul mare, si commosse. Abbracciò il compagno Lucio e gli disse: «Hai avuto un coraggio che nessuno dimostra adesso che sono in disgrazia. E il tuo gesto mi conforta!».

È bene restare legati a un leader politico finito dagli altari nella polvere? Il Bestiario ritiene di sì. Soprattutto in un’epoca connotata dalla dimenticanza e dal tradimento. Dove i cambi di casacca vengono considerati una virtù. Non è il caso di Barani. Ai funerali di Craxi, nella cattedrale di Tunisi, Lucio fu l’unico sindaco d’Italia a essere presente con la fascia tricolore. E quando la salma di Bettino venne calata nella tomba del cimitero di Hammamet in prima fila c’era lui, a posare sulla bara il garofano rosso.

Nel febbraio del 2003, il suo ultimo anno da sindaco di Aulla, Barani fece erigere nel centro della città una statua di marmo in onore del suo vecchio leader. La scritta sul basamento recitava: «A Bettino Craxi, statista, esule e martire». Uno dei sindaci venuti dopo di lui, che non era un estimatore del leader socialista, ebbe l’incauta idea di metterla in vendita. Il monumento era scolpito in un blocco di pregiato marmo di Carrara e venne valutato centocinquanta mila euro. Il compagno Lucio protestò, dicendo che la statua era stata commissionata e pagata dal Nuovo Psi. Dunque il municipio aveva soltanto il diritto di spostarla.

Il Bestiario non conosce come sia stata risolta la faccenda. Tuttavia non fu quella l’unica impresa di scultura politico-funeraria dell’ardimentoso Barani. Accanto alla statua di Bettino, fece erigere un monumento dedicato ai Martiri di Tangentopoli. La scritta diceva: «Con il buio di ogni ingiustizia che almeno il ricordo tenga deste le vittime e i loro carnefici».

Le due opere d’arte troneggiano ancora ad Aulla? Il Bestiario immagina di sì. Stavano e forse stanno in piazza Bettino Craxi, ricavata dalla spartizione in due della vecchia piazza intitolata ad Antonio Gramsci, il fondatore del Pci. La faccenda del Gramsci dimezzato fece infuriare una settantina di parlamentari che in quel momento appartenevano ai Democratici di sinistra. La truppa protestataria si rivolse a Enzo Bianco, ministro dell’Interno per conto del Partito Repubblicano, una parrocchia oggi defunta.

Quei deputati e senatori chiesero a Bianco di cacciare Barani dal municipio. Con una nuova sospensione dall’incarico di sindaco, per vilipendio della Costituzione. Bianco, saggiamente, lasciò perdere. Pensando, con mille ragioni, che Barani era un disobbediente alla massima potenza. Impossibile da frenare. Il ministro aveva ragione. Infatti il compagno Lucio stava progettando un’impresa ben più clamorosa delle precedenti. Destinata a restare nella memoria dei socialisti nostrani.

Che cosa intendeva fare Barani? Un’incursione ad Hammamet per trafugare la salma di Craxi, riportarla in patria e darle una sepoltura più degna. Ma il compagno Lucio venne costretto a rinunciare al suo piano. Ad opporsi fu la famiglia di Bettino, anche per rispettare la volontà del leader scomparso. Lui aveva sempre detto di non voler ritornare in Italia né da vivo né da morto, se prima non fosse stato riabilitato. Con la caduta di tutte le accuse che gli erano state sparate addosso dai magistrati di Tangentopoli.

Adesso Barani siede a Palazzo Madama ed è il primo attore della compagnia messa insieme dall’impresario Verdini. Un senatore della fantasia inesauribile. Dopo gli attentati islamici di Parigi, indossa anche in aula una maglietta nera con garofano rosso e la scritta: «Je suis Craxi».

I voti dei verdiniani hanno di certo rafforzata la maggioranza. Però Matteo non si è ancora reso conto di chi si è portato in casa. Essere furbi non basta. Perché c’è sempre qualcuno più furbo che, prima o poi, ti frega e ti manda a spasso.